Sceneggiatura e disegni di Brian Lee O’Malley.
Quello che ad una prima impressione potrebbe sembrare un manga stupido e banale su una ragazzina si rivela invece, ad una attenta lettura, qualcosa di più profondo. Se si riesce a mettere da parte alcune frasi un po’ troppo enfatiche e da telefilm adolescenziale, ci si troverà di fronte ad una storia complessa, imperniata sulla sempre più attuale tematica della ricerca personale. Tra l’altro, considerato il numero di fumetti che affrontano questa tematica è quasi dovuta una rapida considerazione: se una storia a fumetti è emblema del momento storico in cui nasce, gran parte delle storie a fumetti degli ultimi vent’anni possono venire considerate urla di una società “disperata” che ha ormai perso la propria identità, e che ricerca in tutti i modi possibili.
Raleigh è una ragazza di diciotto anni che, per qualche motivo, si ritrova in auto con tre compagni di scuola che conosce a malapena, Dave, Ian e Stephanie, di ritorno dalla California. Attraverso i suoi pensieri il lettore viene così a conoscenza dei momenti salienti del viaggio e della storia di Raleigh, che la ragazza dice essere il motivo della sua presenza sull’auto con i ragazzi. Raleigh è una ragazza solitaria che porta con sé il terribile peso di non avere un’anima. O almeno è quello che crede. Il viaggio con i ragazzi diviene dunque, ad un tratto, un modo per fare mente locale sulla propria vita e per cercare di colmare iquesto vuoto.
Questa assenza non è altro che l’espressione di un forte isolamento che la ragazza subisce fin dalla tenera età, quando le viene comunicato di essere “speciale”, e che in quanto tale dovrà seguire lezioni con altri ragazzi speciali. E poi il divorzio dei genitori, l’isolamento a scuola e la madre, che secondo Raleigh avrebbe venduto la sua anima in cambio del successo. A questo si aggiunge una relazione telematica a distanza con un ragazzo che vive molto lontano da lei.
Isolamento accademico. Isolamento degli affetti. Isolamento relazionale, soprattutto, la piaga sociale più sopravvalutata del mondo telematico. Ormai ammassata le une sulle altre le persone non riescono più a comunicare e rapportarsi normalmente tra loro; in molti casi, anzi, una condizione di stretta prossimità causa l’innalzamento di un muro, mentre si cerca sempre di più l’altro attraverso le strade di internet.
Nella sua opera prima Brian Lee O’Malley pone sui piatti della bilancia i due aspetti, lanciando un messaggio di apertura verso il prossimo, perché è l’unico modo di non impazzire di solitudine in una società che sta diventando sempre di più un insieme di scatole giustapposte o contenute l’una dentro l’altra, mentre una violenta forza centrifuga la frammenta, spingendo gli individui lontani gli uni dagli altri, per quanto fisicamente siano concentrati nello stesso punto. Appoggiando con evidenza un potenziamento delle relazioni sociali propriamente intese, tuttavia, O’Malley non condanna i nuovi mezzi di comunicazione poiché anche la loro risultante, allo stesso modo dei compagni di viaggio, aiuta Raleigh a colmare il proprio vuoto, a ritrovare la propria anima.
Il tutto reso con un tratto che si colloca tra la sintesi grafica dei manga e uno stile pop tipico di certa animazione (ad esempio serie come Daria o buona parte del rinnovato filone di animazione statunitense dell’emittente Cartoon Network). La pennellata di O’Malley lo rende vicino anche a certa produzione indipendente, benché affermata. Il suo stile grafico, in relazione al suo modo di intendere la tavola, inserendo di tanto in tanto splash page singole o doppie con grandi disegni e lunghi blocchi di testo svincolati dai balloon, ben si prestano a rendere la solitudine di Raleigh, il suo timore di non venire accettata.
Lost at sea è una storia in grado di sorprendere, deliziosamente narrata e arricchita da una sintesi grafica che non ne limita l’espressività. Al momento non esiste un’edizione italiana ma per chi non si fa problemi a leggere l’inglese e ad acquistare su internet (al sito della Oni Press, http://www.onipress.com ) la sua lettura è caldamente consigliata.
Raleigh è una ragazza di diciotto anni che, per qualche motivo, si ritrova in auto con tre compagni di scuola che conosce a malapena, Dave, Ian e Stephanie, di ritorno dalla California. Attraverso i suoi pensieri il lettore viene così a conoscenza dei momenti salienti del viaggio e della storia di Raleigh, che la ragazza dice essere il motivo della sua presenza sull’auto con i ragazzi. Raleigh è una ragazza solitaria che porta con sé il terribile peso di non avere un’anima. O almeno è quello che crede. Il viaggio con i ragazzi diviene dunque, ad un tratto, un modo per fare mente locale sulla propria vita e per cercare di colmare iquesto vuoto.
Questa assenza non è altro che l’espressione di un forte isolamento che la ragazza subisce fin dalla tenera età, quando le viene comunicato di essere “speciale”, e che in quanto tale dovrà seguire lezioni con altri ragazzi speciali. E poi il divorzio dei genitori, l’isolamento a scuola e la madre, che secondo Raleigh avrebbe venduto la sua anima in cambio del successo. A questo si aggiunge una relazione telematica a distanza con un ragazzo che vive molto lontano da lei.
Isolamento accademico. Isolamento degli affetti. Isolamento relazionale, soprattutto, la piaga sociale più sopravvalutata del mondo telematico. Ormai ammassata le une sulle altre le persone non riescono più a comunicare e rapportarsi normalmente tra loro; in molti casi, anzi, una condizione di stretta prossimità causa l’innalzamento di un muro, mentre si cerca sempre di più l’altro attraverso le strade di internet.
Nella sua opera prima Brian Lee O’Malley pone sui piatti della bilancia i due aspetti, lanciando un messaggio di apertura verso il prossimo, perché è l’unico modo di non impazzire di solitudine in una società che sta diventando sempre di più un insieme di scatole giustapposte o contenute l’una dentro l’altra, mentre una violenta forza centrifuga la frammenta, spingendo gli individui lontani gli uni dagli altri, per quanto fisicamente siano concentrati nello stesso punto. Appoggiando con evidenza un potenziamento delle relazioni sociali propriamente intese, tuttavia, O’Malley non condanna i nuovi mezzi di comunicazione poiché anche la loro risultante, allo stesso modo dei compagni di viaggio, aiuta Raleigh a colmare il proprio vuoto, a ritrovare la propria anima.
Il tutto reso con un tratto che si colloca tra la sintesi grafica dei manga e uno stile pop tipico di certa animazione (ad esempio serie come Daria o buona parte del rinnovato filone di animazione statunitense dell’emittente Cartoon Network). La pennellata di O’Malley lo rende vicino anche a certa produzione indipendente, benché affermata. Il suo stile grafico, in relazione al suo modo di intendere la tavola, inserendo di tanto in tanto splash page singole o doppie con grandi disegni e lunghi blocchi di testo svincolati dai balloon, ben si prestano a rendere la solitudine di Raleigh, il suo timore di non venire accettata.
Lost at sea è una storia in grado di sorprendere, deliziosamente narrata e arricchita da una sintesi grafica che non ne limita l’espressività. Al momento non esiste un’edizione italiana ma per chi non si fa problemi a leggere l’inglese e ad acquistare su internet (al sito della Oni Press, http://www.onipress.com ) la sua lettura è caldamente consigliata.
5 commenti:
oh no, mi ispira un sacco... e adesso?! gosh... l'hai letto koma di peeters?
e adesso paypal e acquisto su internet ;)
mh...koma...no...a dir la verità peeters mi attira un sacco ma non ho ancora letto nulla di suo -___-
bello? meritevole?
nu.. devi leggere pillole blu assolutamente. poi koma. io l'ho appena finito, mi è piaciuto molto. è una storia fantastica, e a parte peeters che è superbravo ho apprezzato molto lo sceneggiatore, che non conoscevo. secondo me ti piacerebbe.
ok farò in modo di metterci su le mani quanto prima
Sembra interessante questo Lost at Sea.
Peeters è un favoloso inchiostratore, un po' meno abile come sceneggiatore. Io ho letto Pillole Blu (ormai tanto tempo fa che non me lo ricordo) e Lupus, di cui mi era tanto piaciuto l'inizio quanto ho trovato tirata per le lunghe la conclusione.
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