giovedì 24 settembre 2009

TRE OMBRE

TRE OMBRE (2007; edizione italiana 2008, Edizioni BD, brossurato, 268 pagine in bianco e nero, € 16).
Sceneggiatura e disegni di Cyril Pedrosa.


Cyril Pedrosa è quello che si dice un autore di razza, uno di quelli che si capisce fin dalle prime pagine che sarà una lettura intensa e che lascerà qualcosa dentro. Basta aprire il suo Tre Ombre alla prima pagina, basta sfogliarlo anche distrattamente, per rendersi conto del potenziale che è in grado di esprimere, miscelando una sintesi grafica mutuata dall’animazione ad un uso del segno maturo e complesso.
Da un punto di vista puramente narrativo Tre Ombre sembra un racconto di avventura vecchio stile, con tutti gli elementi canonici come il pericolo, il viaggio-fuga, per terra e per mare, il fantastico, e poi ancora intrigo, furtività, mistero e rivolgimenti. A questo si deve però aggiungere una forte carica simbolica e metaforica nel tratteggiare il mondo fuori dal tempo in cui si svolge la storia di Joachim e dei suoi genitori. Una storia semplice e felice fino all’arrivo delle tre figure ammantate, le ombre, la cui identità è intangibile quando la loro consistenza, è il punto di rottura nonché l’avvio dell’avventura di Joachim, che si ritroverà a scappare senza sapere cosa sta accadendo di preciso e senza avere la possibilità di comprenderlo a pieno, se non sul finire del suo viaggio.

Una tavola di Pedrosa non è qualcosa su cui far passare l’occhio distrattamente, mentre si leggono i ballon; al contrario, invece, essa chiederà al lettore un ulteriore grado di attenzione per cogliere la semplicità di un mondo ritratto con uno stile che muta a seconda della situazione da narrare e che si complica e si arricchisce – senza mai arrivare all’eccesso – catturando il lettore tra le sue trame e i suoi dettagli. La sua esperienza nell’animazione emerge fortemente nel modo in cui si serve di movimenti di macchina – è il caso di dirlo – sulla tavola con funzione narrativa (rallentamenti, ellissi, montaggi frenetici, splash page che paralizzano il tempo); e nel modo in cui i volti sembrano maschere, deformate da un dolore, illuminate da un sorriso o invase dalle ombre del sospetto, del timore, del complotto.

Un autore che da il meglio di se in ogni frangente. Una storia che non si conclude senza uno scambio di qualcosa con il lettore.



[Da questo punto in poi è possibile trovare SPOILER; per il profondo rispetto maturato nei confronti di quest’opera consiglio di evitarla a chi non volesse rovinarsi la lettura, magari tornarci in seguito]



Tre Ombre affronta una delle tematiche più antiche della narrazione, vale a dire la morte e il modo in cui gli uomini decidono di rapportarvisi. Le tre ombre, di fatto, non sono altro che una contestualizzazione/reinterpretazione delle tre moire, che hanno qui il compito di accompagnare le persone durante il viaggio, e la parte più corposa della narrazione, il viaggio di Joachim con il padre, rappresenta la linea di demarcazione tra l’accettazione della morte e il suo rifiuto.
«Non ti impedirò di partire, ma non so se potrò mai perdonarti. Joachim ci lascerà, lo so, e sono pronta. Tu no. […] Resta senza dubbio un po’ di tempo prima che le ombre lo prendano. Quegli ultimi momenti con mio figlio, questo tempo… io te lo dono. Perché voi possiate separarvi… con il cuore in pace». Questo monologo di Lise a Louis rappresenta il fulcro del loro rapportarsi alla morte: mentre lei, dopo una consultazione con l’indovina, l’ha accettata, lui continua ad opporvisi strenuamente.
C’è poi il punto di vista di Joachim, che è troppo piccolo per capire e per il quale il lungo viaggio compiuto con il padre, nel massimo della segretezza, non è altro che una fuga da qualcosa di misterioso e inspiegabile, in cui le ombre si allungano, si stirano fino a diventare notte e ad inghiottire tutto.
Tre ombre è un romanzo sull’inevitabile e sugli sforzi che a volte si compie per evitare l’inevitabile, in cui chi deve salvare viene salvato da chi deve essere salvato e la vita, nonostante tutto continua, con i suoi aspetti positivi e con il vuoto lasciato da chi è andato.

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