BLATTA (2008, Leopoldo Bloom Editore, 160 pagine in bianco, nero e toni di grigio, € 15). Sceneggiatura e disegni di Alberto Ponticelli.
Prima prova solista per Alberto Ponticelli, che non riesce a non farsi piacere già dall’oro e nero della copertina. E poi è mastodontico. Ha tavole grosse e disegni veramente potenti. Per non parlare [spoiler!] delle due triple splashpage, fantastiche.
Blatta è la storia di un palombaro. Questa è la prima informazione che ebbi a riguardo, diverso tempo fa, ed era impossibile non esserne incuriositi.
Blatta è la storia di un clone in una tuta da palombaro che passa le giornate chiuso in una piccola stanza (a far cosa non ci è dato saperlo) o in un’altra stanza, in cui lavora.
Ma Blatta è anche una storia di possibilità e di scelte, colte e non, giuste o sbagliate che siano, che getta uno sguardo alla nostra società, una società in cui il singolo è sempre più chiuso in sé, mentre quello che gli sta attorno decade, si corrompe, marcisce, muore.
Blatta è questo e molto altro, e in verità altro ancora. È una storia interattiva, nel senso che offre al lettore una possibilità di interazione e di spiegazione poiché, al di là di una serie di elementi insindacabilmente riconoscibili, contiene elementi, simboli, situazioni variamente interpretabili e lasciati (volutamente o meno) alla libertà interpretativa del lettore.
Un fumetto che fa pensare, Blatta, necessariamente; a meno di avere una patata germogliata al posto del cervello, perché gli interrogativi sono tanti e le risposte non sono di egual numero. Il lettore non può arrivare in fondo senza aver almeno azzardato quale sia il contenuto della valigetta, il senso degli incubi/allucinazioni, il perché delle scelte del protagonista. E il ruolo della blatta.
Si perché in Blatta c’è una blatta (ma dai? … beh, poteva anche non esserci, che vuol dire?), che indossa i panni, se vogliamo, dell’aiutante proppiano che fornisce al protagonista il mezzo per superare l’ostacolo, ossia la sua statica condizione di ingranaggio.
Niente, tranne poco, è dato per scontato. Molto e lasciato libero. E io continuo ad essere convinto che la blatta, in realtà, sia immaginaria. Si potrebbe parlarne per ore dicendo il vero o solo avvicinandosi, e ancora resterebbe qualcosa da dire, e allora se ne dovrebbe parlare ad oltranza.
Ora, se avete letto Blatta, il mio consiglio è di andare sul sito di Alberto Ponticelli (il link è qui a fianco, tra le letture consigliate) e cercare tra i suoi aggiornamenti i link delle varie recensioni e interpretazioni.
Blatta è la storia di un palombaro. Questa è la prima informazione che ebbi a riguardo, diverso tempo fa, ed era impossibile non esserne incuriositi.
Blatta è la storia di un clone in una tuta da palombaro che passa le giornate chiuso in una piccola stanza (a far cosa non ci è dato saperlo) o in un’altra stanza, in cui lavora.
Ma Blatta è anche una storia di possibilità e di scelte, colte e non, giuste o sbagliate che siano, che getta uno sguardo alla nostra società, una società in cui il singolo è sempre più chiuso in sé, mentre quello che gli sta attorno decade, si corrompe, marcisce, muore.
Blatta è questo e molto altro, e in verità altro ancora. È una storia interattiva, nel senso che offre al lettore una possibilità di interazione e di spiegazione poiché, al di là di una serie di elementi insindacabilmente riconoscibili, contiene elementi, simboli, situazioni variamente interpretabili e lasciati (volutamente o meno) alla libertà interpretativa del lettore.
Un fumetto che fa pensare, Blatta, necessariamente; a meno di avere una patata germogliata al posto del cervello, perché gli interrogativi sono tanti e le risposte non sono di egual numero. Il lettore non può arrivare in fondo senza aver almeno azzardato quale sia il contenuto della valigetta, il senso degli incubi/allucinazioni, il perché delle scelte del protagonista. E il ruolo della blatta.
Si perché in Blatta c’è una blatta (ma dai? … beh, poteva anche non esserci, che vuol dire?), che indossa i panni, se vogliamo, dell’aiutante proppiano che fornisce al protagonista il mezzo per superare l’ostacolo, ossia la sua statica condizione di ingranaggio.
Niente, tranne poco, è dato per scontato. Molto e lasciato libero. E io continuo ad essere convinto che la blatta, in realtà, sia immaginaria. Si potrebbe parlarne per ore dicendo il vero o solo avvicinandosi, e ancora resterebbe qualcosa da dire, e allora se ne dovrebbe parlare ad oltranza.
Ora, se avete letto Blatta, il mio consiglio è di andare sul sito di Alberto Ponticelli (il link è qui a fianco, tra le letture consigliate) e cercare tra i suoi aggiornamenti i link delle varie recensioni e interpretazioni.
2 commenti:
Se ne è fatta la presentazione qualche settimana fa qui a Napoli, alla fumetteria Alastor, ma non ci sono andata. Adesso mi vien da pensare che forse meritava.
Riguardo a splinder/blogspot: ma cosa cambia da parte di chi scrive e da parte di chi legge o commenta? Tu trovi blogspot più facile da utilizzare, per esempio? Com'è che avviene questo spostamento verso blogspot?
Si, decisamente meritava. Cioè io non c'ero ma lo dico a scatola chiusa ;)
splinder/blogger: boh. L'interfaccia è sostanzialmente la medesima, il layout è un po' più user friendly perchè ti da la possibilità di aggiungere cose senza doverti stare a sbattere ficcando le mani dell'html del template, il che significa: meno tempo a cercare di capire come fare le cose e più tempo per fare dell'altro :)
Posta un commento