ANIMALS n.1 (2009, mensile, Coniglio Editore, spillato, 98 pagine a colori, € 5).
Maggio 2009 regala all’Italia una nuova rivista sul fumetto. Controllando gli articoli troviamo autori affermati accanto ad altri sicuramente minori. Ci sono autori del calibro di Gipi, Davide Toffolo, David B. e Vanna Vinci. Così, tra un’illustrazione di Lorenzo Mattotti, un’intervista a Henning Mankell e fumetti che si impongono immediatamente all’attenzione, come Rue des Rosiers di David B. e il postmoderno Cesare di Bastien Vivès, con una menzione particolare per il breve ma subito spassoso Suberoi di Tuono Pettinato, si giunge in fondo al primo numero di una rivista di quelle che non si vedevano da molti anni.
Dalla chiusura delle ultime riviste “storiche” del fumetto italiano, parlo di Eureka, L’Eternauta e Corto Maltese tutto quello che era rimasto, se si fa eccezione per le bimestrali e prematurametne decedute Orme e Brand New di Flash Books e la trimestrale Mono di Tunué, era un Linus in modalità “vetrina di comics statunitense”.
È stata, così, una sorpresa trovare in edicola questo primo numero di ANIMAls. Il sottotitolo recita “fumetti, storie, la vita e nient’altro”, ed è presto per dire se questa aspettativa sarà disattesa o meno, fattostà che le premesse ci sono e sono buone. Del resto è lo stesso momento storico incerto e confusionario che viene incontro ad un’operazione come questa, e che è forse il motivo per cui gli anni Novanta ne sono stati poveri. Attraverso una rivista simile gli autori che prima vendevano dagli scaffali di una libreria, specializzata o meno, ora scendono sul campo – un campo a dir poco devastato – dialogando direttamente dal ripiano dell’edicola, strizzando l’occhio ad un pubblico più vasto di quello che, per i più vari motivi, scelgono di non riempirsi la casa di costosi volumi. Non bisogna poi dimenticare che, in un paese in cui il fumetto è da molti considerato qualcosa da leggere in bagno (sigh!) la poca maneggevolezza di un grosso volume cede il passo ad un più maneggiabile albo Bonelli o Disney.
La rivista, invece, già per il suo formato e per la sua frammentazione interna è qualcosa in grado di sfidare lo spazio e il tempo. E i tempi. Viene quasi da dire che la rivista a fumetti ha tempi ben precisi per esistere. Gli anni della contestazione, in Francia, furono terreno fertile per la nascita di riviste dal peso fondamentale come Pilote (reinventatasi per l’occasione nei modi, negli intenti e nei linguaggi), mentre il frutto degli anni che ne seguirono, e che ad essa erano strettamente collegati, furono L’Écho des savanes e Métal hurlant, le colonne dell’avanguardia francese. In Italia, invece, furono gli anni difficili compresi tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta a partorire riviste a fumetti impegnate, quali Il Male, Cannibale, Strix o Frigidaire.
E dunque arriviamo ad oggi, in un momento in cui l’Italia non se la passa esattamente bene. Vuoi per la crisi economica (sia essa vera o presunta, qualcuno ha deciso che dobbiamo comunque pagarne le conseguenze. Vuoi per il periodo caldo di rivolgimenti e cambiamenti politici. Vuoi per i problemi – su più livelli – legati alla situazione lavorativa e ai contratti di lavoro. Vuoi per una sempre più imponente ondata di violenza, da quella manifestamente fisica e sessuale nelle strade a quella subdolamente melliflua dei media. Tempi difficili, dunque, in cui normalmente la classe politica farebbe qualcosa. In cui normalmente l’élite intellettuale farebbe qualcosa. In cui normalmente la popolazione farebbe qualcosa. Invece la classe politica sguazza nei mali del paese e li giostra a proprio vantaggio, la popolazione si cala le braghe e gli intellettuali (categoria in cui, sbrigativamente, inserisco tutti quelli che si occupano di cultura a 360 gradi), non quelli che si rivoltano accidiosi ma quelli che provano perlomeno ad imporre una propria visione delle cose, non riescono a mettersi assieme in una voce che sia sufficientemente grossa da superare il volume dell’interferenza creata dalla risonanza di media e cultura istituzionalizzata.
Però almeno qualcuno ci prova, e sembra che questo ANIMAls sia fatto non solo con la testa ma anche con il cuore; il cuore di chi ne ha abbastanza di vedere che le cose proseguono nella direzione intrapresa senza prendere gli scambi che potevano farle svoltare verso un altro orizzonte.
Maggio 2009 regala all’Italia una nuova rivista sul fumetto. Controllando gli articoli troviamo autori affermati accanto ad altri sicuramente minori. Ci sono autori del calibro di Gipi, Davide Toffolo, David B. e Vanna Vinci. Così, tra un’illustrazione di Lorenzo Mattotti, un’intervista a Henning Mankell e fumetti che si impongono immediatamente all’attenzione, come Rue des Rosiers di David B. e il postmoderno Cesare di Bastien Vivès, con una menzione particolare per il breve ma subito spassoso Suberoi di Tuono Pettinato, si giunge in fondo al primo numero di una rivista di quelle che non si vedevano da molti anni.
Dalla chiusura delle ultime riviste “storiche” del fumetto italiano, parlo di Eureka, L’Eternauta e Corto Maltese tutto quello che era rimasto, se si fa eccezione per le bimestrali e prematurametne decedute Orme e Brand New di Flash Books e la trimestrale Mono di Tunué, era un Linus in modalità “vetrina di comics statunitense”.
È stata, così, una sorpresa trovare in edicola questo primo numero di ANIMAls. Il sottotitolo recita “fumetti, storie, la vita e nient’altro”, ed è presto per dire se questa aspettativa sarà disattesa o meno, fattostà che le premesse ci sono e sono buone. Del resto è lo stesso momento storico incerto e confusionario che viene incontro ad un’operazione come questa, e che è forse il motivo per cui gli anni Novanta ne sono stati poveri. Attraverso una rivista simile gli autori che prima vendevano dagli scaffali di una libreria, specializzata o meno, ora scendono sul campo – un campo a dir poco devastato – dialogando direttamente dal ripiano dell’edicola, strizzando l’occhio ad un pubblico più vasto di quello che, per i più vari motivi, scelgono di non riempirsi la casa di costosi volumi. Non bisogna poi dimenticare che, in un paese in cui il fumetto è da molti considerato qualcosa da leggere in bagno (sigh!) la poca maneggevolezza di un grosso volume cede il passo ad un più maneggiabile albo Bonelli o Disney.
La rivista, invece, già per il suo formato e per la sua frammentazione interna è qualcosa in grado di sfidare lo spazio e il tempo. E i tempi. Viene quasi da dire che la rivista a fumetti ha tempi ben precisi per esistere. Gli anni della contestazione, in Francia, furono terreno fertile per la nascita di riviste dal peso fondamentale come Pilote (reinventatasi per l’occasione nei modi, negli intenti e nei linguaggi), mentre il frutto degli anni che ne seguirono, e che ad essa erano strettamente collegati, furono L’Écho des savanes e Métal hurlant, le colonne dell’avanguardia francese. In Italia, invece, furono gli anni difficili compresi tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta a partorire riviste a fumetti impegnate, quali Il Male, Cannibale, Strix o Frigidaire.
E dunque arriviamo ad oggi, in un momento in cui l’Italia non se la passa esattamente bene. Vuoi per la crisi economica (sia essa vera o presunta, qualcuno ha deciso che dobbiamo comunque pagarne le conseguenze. Vuoi per il periodo caldo di rivolgimenti e cambiamenti politici. Vuoi per i problemi – su più livelli – legati alla situazione lavorativa e ai contratti di lavoro. Vuoi per una sempre più imponente ondata di violenza, da quella manifestamente fisica e sessuale nelle strade a quella subdolamente melliflua dei media. Tempi difficili, dunque, in cui normalmente la classe politica farebbe qualcosa. In cui normalmente l’élite intellettuale farebbe qualcosa. In cui normalmente la popolazione farebbe qualcosa. Invece la classe politica sguazza nei mali del paese e li giostra a proprio vantaggio, la popolazione si cala le braghe e gli intellettuali (categoria in cui, sbrigativamente, inserisco tutti quelli che si occupano di cultura a 360 gradi), non quelli che si rivoltano accidiosi ma quelli che provano perlomeno ad imporre una propria visione delle cose, non riescono a mettersi assieme in una voce che sia sufficientemente grossa da superare il volume dell’interferenza creata dalla risonanza di media e cultura istituzionalizzata.
Però almeno qualcuno ci prova, e sembra che questo ANIMAls sia fatto non solo con la testa ma anche con il cuore; il cuore di chi ne ha abbastanza di vedere che le cose proseguono nella direzione intrapresa senza prendere gli scambi che potevano farle svoltare verso un altro orizzonte.
4 commenti:
Animals è nella mia lista dei prossimi acquisti, appena metto piede di nuovo in una fumetteria.
Ma tu hai letto qualcosa di Bastien Vivès?
beato te che ce l'hai trovato, in edicola... vedremo se col secondo numero la distribuzione sarà un po' più fortunata.
(bella questa cosa nuova, bravo figlio <3)
sarà...comunque più vedo questa rivista e più mi pare un gran casino: nessuna vera scelta editoriale, nessuna vera direzione; in sostanza è un minestrone.
inoltre credo anche che le storie di mannelli siano una palla clamorosa nonostante il disegno superfigo. vives sarà anche postmoderno o nichilista che tanto è uguale il termine - ma mi pare più virtuoso nella grafica che nei testi: questioni di maturità di vita e non di mano.
inoltre la storiella più interessante per me, non l'hai nemmeno menzionata, che è quella del santo della benfatto elisabetta.
ossequi.
Cecilia: no, è la prima cosa che leggo di Vivès.
vik: grazie. i blog usati in modo saggio sono una buona cosa. anche tu dovresti provare a invetrinarti un po'... si? =)
V: aaah, una bacchettata.
non so...banalmente mi vien da dire che è una questione di gusti.
se c'è una direzione è presto per dirlo, credo; penso che un numero solo non sia sufficiente per una rivista che offre contributi molto differenti tra loro.
mannelli mi annoia sin da smemoranda, e il disegno è stucchevole e grottescamente disturbante.
vives mi ha colpito perchè nella reiterazione della stessa vignetta, statica, ci ho visto un po' di silenzio [quantomeno grafico (che poi è certamente virtuoso)], di vuoto. non so se è una cosa originale o meno ma mi ha colpito, così come il mescolare una materia "classica" con un linguaggio che classico non è.
la storiella di cui parli la ricordo, ma male...e forse non l'ho capita/colta a sufficienza.
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