GIUDA vol I (di VI) (2009, GIUDA edizioni, brossurato, 64 pagine in bianco, nero e toni di grigio).
A cura di Gianluca Costantini con la partecipazione di Armin Barducci, Ciro fanelli, El Cubri, Rocco Lombardi, Angelo Mennillo, Robert Rebotti - Jacklamotta, Alice Socal, Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini.
[Anteprima sfogliabile]
Se siete in cerca di divertimento effimero e fine a se stesso non avvicinatevi a GIUDA. GIUDA (acronimo di Geographical Institute of Unconventional Drawing Arts) è il regno dell’immagine e al suo interno tutto passa per un filtro fortemente visivo, dalla narrazione all’indice, con l’eccezione (ci vuole sempre, e non è mai casuale) della poesia nel bandella di apertura e del breve racconto di pagina 59, che in questo modo spiccano tra gli altri contributi e acquistano un valore fortemente simbolico. Tutto è immagine, anche il sommario, costruito attorno alla scomposizione di una pistola, il cui proiettile non può che essere il messaggio complessivo della rivista e il bersaglio, di conseguenza, l’orientamento che questa sceglie di darsi.
Riporto dal manifesto della rivista:
“Giuda indaga il tradimento delle immagini.
Lo fa usando il disegno in forma intensiva, cartografando il dicibile e il rappresentabile.
Si pone come uno spazio programmato di ricerca visiva e di estetica.
Insegue i luoghi sulle cartine, sapendo che la mappa non è il territorio, ma è una sua rappresentazione e che a partire dalla cartografia si stabilisce il nostro posto sul mondo e lo spazio che a livello simbolico occupiamo.”
Gli elementi portanti, a livello contenutistico, sono: le storie, le pubblicità e le mappe. Nel dettaglio, è possibile trovare:
in copertina il Giuda Iscariota (Gianluca Costantini);
nella bandella di apertura la poesia Dei miei uomini (Elettra Stamboulis);
il sommario illustrato;
l’editoriale, con una versione iconizzata e molto pop della lettera di Frederic Nietzsche a Cosima Wagner (Armin Barducci);
le due storie a fumetti Paisà, racconti di frontiera ambientati nel Marocco in guerra (collettivo El Cubri);
svariate pagine (23) di abitatori illustri del Cimitero di Montparnasse, che di fatto rappresenta il cuore di questo primo volume (Angelo Mennillo, Armin Barducci, Gianluca Costantini, Alice Socal, Robert Rebotti – Jacklamotta, Rocco Lombardi, Elettra Stamboulis, Ciro Fanelli);
Do it yourself coffins insegna a realizzare piccole bare di carta (Gianluca Costantini);
la prima parte della storia a fumetti Ernesto, professore pacifista che rinnega la pace a causa degli effetti della guerra (Ciro Fanelli);
la prima parte della storia a fumetti Piccola Gerusalemme, a mio parere uno degli elementi principali di questo primo volume, che ragiona sul rapporto tra lingua, storia e società (Angelo Mennillo ed Elettra Stamboulis), che comprende anche un racconto privo di alcuna immagine e un’illustrazione della Torre Bianca (riferimento all’omonimo romanzo di Orhan Pamuk?);
Poetic Fashion, che mi sembra essere un'istantanea sull'incomunicabilità (Gianluca Costantini);
Von der Alten Heimat zu der neuen Heimat!, il racconto della fuga dalla Germania di Fritz Freudenheim costruito dall’uomo – allora undicenna – attorto alla mappa che ne illustra gli spostamenti (Fritz Freudenheim e Marco Lobietti);
nel mezzo, ogni tanto, qualcuna delle finte pubblicità realizzate dagli autori.
Partendo da quanto detto nel manifesto di GIUDA risulta semplice muoversi all’interno dei suoi contenuti e della sua necessaria tendenza a “graficizzare” tutto, a contestualizzare, a intrecciare. Le storie si intrecciano con la storia e il territorio, con le mappe, con l’immagine e il testo, quindi con la lingua. La linea della vita si intreccia con la linea della mappa, con la linea della lingua e con la linea dell’immagine. E tutto ci viene riportato attraverso il visuale.
Questa connessione risulta lampante nella storia di Fritz Freudenheim riportata nella bandella di chiusura, in cui narrazione, percorso spaziale e linea del tempo si trovano a compresenziare sulla stessa immagine.
GIUDA è ascrivibile, a mio avviso, all’interno di tutta quella produzione a fumetti che sceglie di avere un sostrato culturale forte, che in certi casi sembra essere imprescindibile per cogliere il significato di quello che viene raccontato. Se vogliamo vederla da un’altra prospettiva possiamo dire che GIUDA spinge a chiudere i buchi di contenuto, cosa che – per quanto mi riguarda – dopo un po’ è venuta automatica nel cercare di capire perché un personaggio storico veniva rappresentato in un determinato modo.
Il tratto è un elemento fondamentale di questa sperimentazione. E se una frase del genere può suonare banale non lo è. Lo vediamo fin dalla scelta della copertina, per la quale Gianluca Costantini ha scelto di modificare una fotografia scattata da Lewis Carroll (intitolandola Giuda Iscariota), servendosi di uno stile che rimanda all’incisione (certo, con l’aggiunta di alcuni colori).
Le mappe sono qualcosa che deve ancora essere raccontato, e che al loro interno contengono già centinaia, migliaia, milioni di storie. E allora si spiega il perché dei racconti a fumetti del collettivo El Cubre e di una storia come Piccola Gerusalemme, in cui ritornano il simbolo della torre di babele, la linguistica, le teorie linguistiche dello storico e linguista georgiano Nikolaj Yakovlevich Marr, e la Torre Bianca, che è sinonimo di conoscenza, e del rapporto tra conoscenza, filtro linguistico e filtro ideologico-religioso.
Le pubblicità sono la chiarificazione della mendacia delle immagini.
Le storie, le immagini, i contenuti profondi e quelli superficiali, si possono collocare sulla mappa, dando il via ad una rete di intrecci e di ipertestualità grafiche (dal pop all’underground, alla tradizione grafica tardo ottocentesca/primonovecentesca), testuali e contenutistiche: ne scaturisce una lettura del contemporaneo, ossia di ciò che fa da ponte tra ciò che era e ciò che sarà.
In un passo tratto dal blog della rivista si può leggere:
“Giuda è una dichiarazione d’amore per il fumetto: il fumetto come password della storia, come link all’immaginario globale, come chiave interpretativa assoluta del mondo visto e pensato.”
Un programma chiaro, dall’orientamento preciso, per quanto difficile da portare avanti; è la problematica un po’ di tutte le riviste di fumetti, che si perdono per strada, oppure chiudono nell’incapacità di sottostare alle necessità originarie. GIUDA parte come un progetto in sei volumi; per ora non ci è dato sapere se questo sarà un traguardo o un checkpoint, ma non sembra un caso che una rivista che rievoca di continuo la simbologia della mappa e del confine parta prefiggendosi un numero di uscite limitate. Come a dire che si recinta lo spazio in cui operare al meglio.
In GIUDA non c’è paratesto, perché tutto è testo e ogni contributo lavora in sintonia con gli altri per sparare il proiettile/messaggio verso il cervello di chi legge.
A cura di Gianluca Costantini con la partecipazione di Armin Barducci, Ciro fanelli, El Cubri, Rocco Lombardi, Angelo Mennillo, Robert Rebotti - Jacklamotta, Alice Socal, Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini.
[Anteprima sfogliabile]
Se siete in cerca di divertimento effimero e fine a se stesso non avvicinatevi a GIUDA. GIUDA (acronimo di Geographical Institute of Unconventional Drawing Arts) è il regno dell’immagine e al suo interno tutto passa per un filtro fortemente visivo, dalla narrazione all’indice, con l’eccezione (ci vuole sempre, e non è mai casuale) della poesia nel bandella di apertura e del breve racconto di pagina 59, che in questo modo spiccano tra gli altri contributi e acquistano un valore fortemente simbolico. Tutto è immagine, anche il sommario, costruito attorno alla scomposizione di una pistola, il cui proiettile non può che essere il messaggio complessivo della rivista e il bersaglio, di conseguenza, l’orientamento che questa sceglie di darsi.
Riporto dal manifesto della rivista:
“Giuda indaga il tradimento delle immagini.
Lo fa usando il disegno in forma intensiva, cartografando il dicibile e il rappresentabile.
Si pone come uno spazio programmato di ricerca visiva e di estetica.
Insegue i luoghi sulle cartine, sapendo che la mappa non è il territorio, ma è una sua rappresentazione e che a partire dalla cartografia si stabilisce il nostro posto sul mondo e lo spazio che a livello simbolico occupiamo.”
Gli elementi portanti, a livello contenutistico, sono: le storie, le pubblicità e le mappe. Nel dettaglio, è possibile trovare:
in copertina il Giuda Iscariota (Gianluca Costantini);
nella bandella di apertura la poesia Dei miei uomini (Elettra Stamboulis);
il sommario illustrato;
l’editoriale, con una versione iconizzata e molto pop della lettera di Frederic Nietzsche a Cosima Wagner (Armin Barducci);
le due storie a fumetti Paisà, racconti di frontiera ambientati nel Marocco in guerra (collettivo El Cubri);
svariate pagine (23) di abitatori illustri del Cimitero di Montparnasse, che di fatto rappresenta il cuore di questo primo volume (Angelo Mennillo, Armin Barducci, Gianluca Costantini, Alice Socal, Robert Rebotti – Jacklamotta, Rocco Lombardi, Elettra Stamboulis, Ciro Fanelli);
Do it yourself coffins insegna a realizzare piccole bare di carta (Gianluca Costantini);
la prima parte della storia a fumetti Ernesto, professore pacifista che rinnega la pace a causa degli effetti della guerra (Ciro Fanelli);
la prima parte della storia a fumetti Piccola Gerusalemme, a mio parere uno degli elementi principali di questo primo volume, che ragiona sul rapporto tra lingua, storia e società (Angelo Mennillo ed Elettra Stamboulis), che comprende anche un racconto privo di alcuna immagine e un’illustrazione della Torre Bianca (riferimento all’omonimo romanzo di Orhan Pamuk?);
Poetic Fashion, che mi sembra essere un'istantanea sull'incomunicabilità (Gianluca Costantini);
Von der Alten Heimat zu der neuen Heimat!, il racconto della fuga dalla Germania di Fritz Freudenheim costruito dall’uomo – allora undicenna – attorto alla mappa che ne illustra gli spostamenti (Fritz Freudenheim e Marco Lobietti);
nel mezzo, ogni tanto, qualcuna delle finte pubblicità realizzate dagli autori.
Partendo da quanto detto nel manifesto di GIUDA risulta semplice muoversi all’interno dei suoi contenuti e della sua necessaria tendenza a “graficizzare” tutto, a contestualizzare, a intrecciare. Le storie si intrecciano con la storia e il territorio, con le mappe, con l’immagine e il testo, quindi con la lingua. La linea della vita si intreccia con la linea della mappa, con la linea della lingua e con la linea dell’immagine. E tutto ci viene riportato attraverso il visuale.
Questa connessione risulta lampante nella storia di Fritz Freudenheim riportata nella bandella di chiusura, in cui narrazione, percorso spaziale e linea del tempo si trovano a compresenziare sulla stessa immagine.
GIUDA è ascrivibile, a mio avviso, all’interno di tutta quella produzione a fumetti che sceglie di avere un sostrato culturale forte, che in certi casi sembra essere imprescindibile per cogliere il significato di quello che viene raccontato. Se vogliamo vederla da un’altra prospettiva possiamo dire che GIUDA spinge a chiudere i buchi di contenuto, cosa che – per quanto mi riguarda – dopo un po’ è venuta automatica nel cercare di capire perché un personaggio storico veniva rappresentato in un determinato modo.
Il tratto è un elemento fondamentale di questa sperimentazione. E se una frase del genere può suonare banale non lo è. Lo vediamo fin dalla scelta della copertina, per la quale Gianluca Costantini ha scelto di modificare una fotografia scattata da Lewis Carroll (intitolandola Giuda Iscariota), servendosi di uno stile che rimanda all’incisione (certo, con l’aggiunta di alcuni colori).
Le mappe sono qualcosa che deve ancora essere raccontato, e che al loro interno contengono già centinaia, migliaia, milioni di storie. E allora si spiega il perché dei racconti a fumetti del collettivo El Cubre e di una storia come Piccola Gerusalemme, in cui ritornano il simbolo della torre di babele, la linguistica, le teorie linguistiche dello storico e linguista georgiano Nikolaj Yakovlevich Marr, e la Torre Bianca, che è sinonimo di conoscenza, e del rapporto tra conoscenza, filtro linguistico e filtro ideologico-religioso.
Le pubblicità sono la chiarificazione della mendacia delle immagini.
Le storie, le immagini, i contenuti profondi e quelli superficiali, si possono collocare sulla mappa, dando il via ad una rete di intrecci e di ipertestualità grafiche (dal pop all’underground, alla tradizione grafica tardo ottocentesca/primonovecentesca), testuali e contenutistiche: ne scaturisce una lettura del contemporaneo, ossia di ciò che fa da ponte tra ciò che era e ciò che sarà.
In un passo tratto dal blog della rivista si può leggere:
“Giuda è una dichiarazione d’amore per il fumetto: il fumetto come password della storia, come link all’immaginario globale, come chiave interpretativa assoluta del mondo visto e pensato.”
Un programma chiaro, dall’orientamento preciso, per quanto difficile da portare avanti; è la problematica un po’ di tutte le riviste di fumetti, che si perdono per strada, oppure chiudono nell’incapacità di sottostare alle necessità originarie. GIUDA parte come un progetto in sei volumi; per ora non ci è dato sapere se questo sarà un traguardo o un checkpoint, ma non sembra un caso che una rivista che rievoca di continuo la simbologia della mappa e del confine parta prefiggendosi un numero di uscite limitate. Come a dire che si recinta lo spazio in cui operare al meglio.
In GIUDA non c’è paratesto, perché tutto è testo e ogni contributo lavora in sintonia con gli altri per sparare il proiettile/messaggio verso il cervello di chi legge.
2 commenti:
Grazie per l'ottima recensione che leggo solo ora. E no, la torre bianca non è riferimento a Pamuk (che però amo), ma è il monumento simbolo di Salonicco. Elettra
Grazie a te. Un'ottima recensione richiede un ottimo lavoro da recensire.
Grazie anche per avermi ricordato di aver un blog, che sarebbe il caso di tornare ad aggiornare con una frequenza maggiore :)
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