lunedì 22 novembre 2010

Basilisk: PRO e CONTRO

Non sarà una recensione convenzionale, né una semplice lista di pro e contro, ma una via di mezzo, una suggestione.
Basilisk è un manga realizzato da Masaki Segawa a partire dal romanzo di Futaro Yamada. Non ho letto il romanzo ma assumo che ne sia una trasposizione narrativamente fedele, altrimenti non avrebbe molto senso; del resto controllando online non ho trovato confronti, quindi non penso che se ne discosti troppo. Probabilmente l’adattamento alla base non deve avere intaccato la struttura narrativa profonda, perlomeno nelle parti strettamente significative per lo sviluppo della storia.
Basilisk, dicevamo, racconta di un gioco di palazzo per cui un’antica faida tra due clan ninja un tempo rivali. Abbinati ai due eredi dello shogun Ieyasu Tokugawa, venti ninja dei clan Koga e Iga (dieci per parte) si trovano ad affrontarsi. L’erede abbinato al clan vincitore sarà il successore dello shogun.
Il perno attorno a cui ruota tutto questo è l’amore tra due giovani ninja appartenenti ai due clan, Gennosuke Koga e Oboro, del clan di Iga. Gennosuke con lo sguardo può far ritorcere l’attacco di un avversario sull’avversario stesso, mentre Oboro è in grado di annullare le tecniche ninja (sempre con lo sguardo).
Fin qui niente di eccezionale ma nemmeno niente di deprecabile, se non che nel corso dei cinque tankobon si susseguono una sull’altra la morte dei vari ninja dei due clan, con un andamento che non si discosta molto da “uno di qua, uno di là”.

Al di là del fatto che il manga non sia niente di totalmente illeggibile e che i disegni di Segawa siano in qualche modo piacevoli (le figure grandi sono ben realizzate, quelle piccole sembrano però grossolane), al di là del finale a mio parere insulso, ci sono una serie di scelte a mio avviso sbagliate da parte di chi ha scritto la storia. Ci tengo a precisare che è un mio parere, non tanto un “doveva essere fatto così” quanto piuttosto un “secondo me sarebbe riuscito meglio se fosse stato fatto così”.
Ovvio che quanto dirò di seguito contenga SPOILER, quindi ne sconsiglio la lettura a chiunque non conosca la storia e sia intenzionato a leggerla.
Ovvio anche che quanto dirò di seguito sarà meglio comprensibile a chi abbia già letto il manga o visto l’anime (che a parte poche cose ne è la trasposizione fedele).

Prima di tutto, i protagonisti. Si sceglie di creare due protagonisti (Koga e Oboro) potentissimi e di limitarne i poteri a poche battute dall’inizio: sia Gennosuke che Oboro, infatti, si trovano impossibilitati ad aprire gli occhi a causa di una strana mistura ninja. Quando lo scioglimento di questa situazione (peraltro puzzando troppo di coincidenza) è stata lo spunto per un finale tragico ho pensato che davvero ci fosse qualcosa che non andava. Mi è sembrata una soluzione troppo di comodo, troppo monotona: la stessa mistura per entrambi? È vero che Oboro sceglie di accecarsi per non causare la morte di Gennosuke, e che questo viene invece temporaneamente accecato da un avversario, ma mi è sembrata una mossa pigra da parte di un autore poco intenzionato a gestire in modo interessante una situazione di conflitto nella quale troneggiava non un deus ex machina bensì due.

La seconda nota dolente sta nel fatto PALESE che i ninja di Koga vengano ritratti come “i buoni” e quelli di Iga come “i cattivi”, quelli che appena si scopre che il patto è stato infranto dallo shogun intercettano la comunicazione e si lanciano al massacro dei ninja di Koga, ignari della cosa. Ora, che senso ha? Si vuole creare un’atmosfera verosimile (nota: non una storia verosimile, considerate le tecniche dei vari ninja, ma un’atmosfera verosimile, costruita con l’uso di personaggi storici realmente esistiti e con lievi accenni ad avvenimenti del Giappone feudale). A questo, visto che è evidente che non si sta scrivendo uno shonen à la Naruto, perché cadere nella banale contrapposizione manichea ninja buono/ninja cattivo? I ninja sono spie e assassini, non certo brava gente, al massimo neutri.
Oltretutto considerata l’efferatezza con cui i ninja di Koga si vendicano su quelli di Iga probabilmente mantenere una visione distaccata e priva di giudizio su entrambi sarebbe stata un’idea migliore. Ancora meglio sarebbe stato presentare le due fazioni come mosse da qualcosa di più della rottura di un patto di non aggressione secolare (patto che, oltretutto, è stato siglato centinaia di anni prima che questi nascessero), approfondirne le motivazioni e offrirle al lettore in modo che fosse questo a scegliere quale delle due supportare.

Infine – e forse questa è lo sbaglio più grosso in una storia simile, di fronte al quale quanto detto sopra non sembrano che punteggiatura – i personaggi sono TOTALMENTE piatti. Non c’è una grande caratterizzazione e non c’è storia. Di conseguenza il lettore si trova davanti ad uno scontro tra due forze contrapposte (di cui una nettamente favorita dal giudizio dell’autore) e man mano che vede i ninja morire non può che pensare qualcosa tipo “ecco ne è morto un altro”. Non c’è contatto con i personaggi, talmente abbozzati da non permettere un reale legame con chi si trova a leggerne la storia.

Al di fuori di un disegno gradevole ma non eclatante (ma va detto, l’anime paga molto di più, specialmente per la cura con cui è stata realizzata l’animazione), e di una storia scarsamente coinvolgente, che si risolleva un po’ giusto da metà (io alla fine del primo volume ero quasi intenzionato a non proseguire la lettura), non resta niente, se non il senso profondo dei manga di combattimento (che poi è quello di molti shonen e di alcuni shojo, in generale, ma di cui contavo di parlare prossimamente) e il rischio di realizzare una buona storia, anche questa volta scampato.

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Basilisk vol. 1-5, Panini comics, brossurato con sovracoperta, bianco e nero, € 4.00.

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