Può esistere un sistema della critica fumettistica perfetto?
No.
Può esistere un sistema della critica fumettistica ideale?
Si.
In Italia quello che non funziona, ogni stortura, ogni ritardo e ogni problema che viene più volta rinfacciato ai siti di informazione sul fumetto è in buona parte – non dico del tutto anche se forse… ma no, in buona parte andrà benissimo – dovuto all’editore.
Pensateci un attimo. Ritardi, mancanze e tentativi di colmare queste di fretta e in ritardo, superficialità e fretta che ne derivano. Tutto o buona parte di tutto potrebbe essere risolto semplicemente se le case editrici di fumetti credessero maggiormente in quello che pubblicano e se osassero quel tanto in più da consentire una buona promozione del materiale. Questo gioverebbe sia all’editore sia all’autore.
Basterebbe, in sostanza, che gli editori di fumetti si comportassero come gli editori di narrativa o saggistica. Che senso ha spedire materiale promozionale con uno o due mesi di ritardo? A mio avviso è inutile. Totalmente inutile.
La logica della spedizione promozionale, casomai, è efficace se anticipa l’uscita del prodotto di qualche settimana, in modo tale che qualcuno di più o meno competente lo legga e ne scriva. Così ogni albo, volume, tankobon, cartonato o cofanetto arriverebbe nelle edicole con già una minima cognizione di cosa ci si troverà per le mani.
In Italia una cosa simile è impensabile. Impensabile nel senso che non viene pensata, che gli editori non ci pensano, che non promuovono se non DOPO la pubblicazione del volume (e in che modo? Ne vogliamo parlare?). La cosa ha un riscontro minimo per quanto riguarda il materiale estero, per il quale è possibile reperire informazioni relative all’edizione originale (certo, questo non metterà i lettori al sicuro da problematiche come “pessima rilegatura destinata a durare si e no cinque giorni”, “pessima cura editoriale”, “pessima traduzione”), ma per quello italiano?
Questo intacca la catena e ricade inevitabilmente sugli anelli più deboli, i lettori ma anche – indirettamente – i piccoli venditori. Perché se uno dei media non parla di un libro a fumetti (e per parlarne non intendo il trafiletto di lancio su una rivista) il grande negozio della grande città non ha problemi a comprarne comunque qualche copia, ma il piccolo negozio si fa lo scrupolo, si chiede se ne valga la pena, e il più delle volte la risposta rischia di essere no.
Chi ne fa le spese?
Nel momento t0 il lettore.
Nel momento t1 l’autore.
Nel momento t2 l’editore (ma è una fossa che si è scavato con le proprie mani, quindi a un bel momento si può dire anche “problema suo”)
Nel momento t3 il sistema fumetto del paese.
Penso che ci voglia maggiore impegno da parte dell’editoria fumettistica italiana, e parlo anche delle “major”, che al di là delle collane dalla vendita assicurata pubblicano anche albi e volumi che si discostano da un certo tipo di produzione e che spesso vengono erroneamente etichettati in partenza. Penso che sia dovuto anche come forma di rispetto verso gli autori e il loro lavoro, perlomeno verso quelli che si sforzano di realizzare una buona storia a fumetti; ma siccome è con i mutamenti generali che si cambiano le cose, diciamo pure che si deve far promozione anche per le porcherie degli autori pigri e svogliati e che non si impegnano: se l'editore e l'editor non sono in grado di distinguere da un buon lavoro - vuoi perché sono lesi, vuoi perché è di un amico e non vogliono fargli uno sgarbo, vuoi per una bizzarra somma delle due cose - comunque gli conviene fare in modo che venda per non tornare a casa con le braghe rotte.
Maggiore impegno e maggiore serietà, anche, che a volte mi viene da pensare “E se fosse tutto un inganno? Se a loro del fumetto non gliene importasse niente se non come mezzo d’introito? Se, addirittura, si vantassero di essere editori di fumetti solo nelle situazioni ‘competenti’ e con il resto della società se ne vergognassero?”.
Poi la sola idea mi deprime troppo e mi convinco che è fantaeditoria...
No.
Può esistere un sistema della critica fumettistica ideale?
Si.
In Italia quello che non funziona, ogni stortura, ogni ritardo e ogni problema che viene più volta rinfacciato ai siti di informazione sul fumetto è in buona parte – non dico del tutto anche se forse… ma no, in buona parte andrà benissimo – dovuto all’editore.
Pensateci un attimo. Ritardi, mancanze e tentativi di colmare queste di fretta e in ritardo, superficialità e fretta che ne derivano. Tutto o buona parte di tutto potrebbe essere risolto semplicemente se le case editrici di fumetti credessero maggiormente in quello che pubblicano e se osassero quel tanto in più da consentire una buona promozione del materiale. Questo gioverebbe sia all’editore sia all’autore.
Basterebbe, in sostanza, che gli editori di fumetti si comportassero come gli editori di narrativa o saggistica. Che senso ha spedire materiale promozionale con uno o due mesi di ritardo? A mio avviso è inutile. Totalmente inutile.
La logica della spedizione promozionale, casomai, è efficace se anticipa l’uscita del prodotto di qualche settimana, in modo tale che qualcuno di più o meno competente lo legga e ne scriva. Così ogni albo, volume, tankobon, cartonato o cofanetto arriverebbe nelle edicole con già una minima cognizione di cosa ci si troverà per le mani.
In Italia una cosa simile è impensabile. Impensabile nel senso che non viene pensata, che gli editori non ci pensano, che non promuovono se non DOPO la pubblicazione del volume (e in che modo? Ne vogliamo parlare?). La cosa ha un riscontro minimo per quanto riguarda il materiale estero, per il quale è possibile reperire informazioni relative all’edizione originale (certo, questo non metterà i lettori al sicuro da problematiche come “pessima rilegatura destinata a durare si e no cinque giorni”, “pessima cura editoriale”, “pessima traduzione”), ma per quello italiano?
Questo intacca la catena e ricade inevitabilmente sugli anelli più deboli, i lettori ma anche – indirettamente – i piccoli venditori. Perché se uno dei media non parla di un libro a fumetti (e per parlarne non intendo il trafiletto di lancio su una rivista) il grande negozio della grande città non ha problemi a comprarne comunque qualche copia, ma il piccolo negozio si fa lo scrupolo, si chiede se ne valga la pena, e il più delle volte la risposta rischia di essere no.
Chi ne fa le spese?
Nel momento t0 il lettore.
Nel momento t1 l’autore.
Nel momento t2 l’editore (ma è una fossa che si è scavato con le proprie mani, quindi a un bel momento si può dire anche “problema suo”)
Nel momento t3 il sistema fumetto del paese.
Penso che ci voglia maggiore impegno da parte dell’editoria fumettistica italiana, e parlo anche delle “major”, che al di là delle collane dalla vendita assicurata pubblicano anche albi e volumi che si discostano da un certo tipo di produzione e che spesso vengono erroneamente etichettati in partenza. Penso che sia dovuto anche come forma di rispetto verso gli autori e il loro lavoro, perlomeno verso quelli che si sforzano di realizzare una buona storia a fumetti; ma siccome è con i mutamenti generali che si cambiano le cose, diciamo pure che si deve far promozione anche per le porcherie degli autori pigri e svogliati e che non si impegnano: se l'editore e l'editor non sono in grado di distinguere da un buon lavoro - vuoi perché sono lesi, vuoi perché è di un amico e non vogliono fargli uno sgarbo, vuoi per una bizzarra somma delle due cose - comunque gli conviene fare in modo che venda per non tornare a casa con le braghe rotte.
Maggiore impegno e maggiore serietà, anche, che a volte mi viene da pensare “E se fosse tutto un inganno? Se a loro del fumetto non gliene importasse niente se non come mezzo d’introito? Se, addirittura, si vantassero di essere editori di fumetti solo nelle situazioni ‘competenti’ e con il resto della società se ne vergognassero?”.
Poi la sola idea mi deprime troppo e mi convinco che è fantaeditoria...
1 commento:
1) periodare meno lungo;
2) periodare meno complesso;
3) periodare meno incerto tra il colloquiale e il distaccato.
il resto è totalmente condivisibile.
.i
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