Devil & Hulk 154-158 (2009-2010, Paninicomics, spillato, 72 pagine a colori, €3,30).
Sceneggiatura di Ed Brubaker, disegni di Michael Lark, Stefano Gaudiano, Klaus Janson, Chris Samnee & Paul Azaceta.
Cosa è cosa?
Chi è chi?
Chi è cosa?
I due fili su cui è possibile inquadrare la produzione (super)eroistica, a mio parere, sono quello cosiddetto della crisi e quello dell'identità.
Il primo, come più volte ribaduto, ha a che fare con l'equilibrio locale (mi piace prendere come punto di partenza il Dick Tracy di Chester Gould) e via via con quello internazionale (da quando il vigilante diventa super- in poi).
Il secondo è quello dell'identità: se considerata a grandi blocchi la produzione (super)eroistica ci riporta - spesso guardandola in parallelo con la situazione internazionale - la concezione dell'identità di un popolo, di un paese o di una cultura (e questa, di fatto, è una lettura che attraversa, in un modo o nell'altro, volenti o nolenti, la totalità della produzione fumettistica).
Daredevil.
Al momento è per me uno degli emblemi del cambiamento, non so quanto forte, non so se più o meno forte di altri ma uno di quelli, senza ombra di dubbio.
Inquadriamolo in un universo editoriale in cui:
- i cattivi sono diventati i buoni e i buoni sono, nel migliore dei casi, disprezzati;
- Norman Osborn (Goblin) è il capo dei "nuovi buoni", che, se vogliamo scherzare con le parole, possiamo chiamare "i bravi" (Venom/Scorpione è Spider-Man, Daken è Wolverine, Moonstone è Miss Marvel, Bullseye è Hawkeye, e lo stesso Osborn, con il nome di Iron Patriot, è un misto tra Cap e Iron Man);
- Spider-Man è stato resettato da One More Day e Brand New Day;
- Cap è morto ed è stato sostituito da Bucky;
- i mutanti come al solito sono per i fatti loro e sono comunque pochi, sempre meno;
- c'è un Hulk rosso cattivo;
- Strange non vale più nulla e Hood, stregone pazzo e a capo del più grosso cartello del crimine, sta cercando di diventare il nuovo stregone supremo;
- Tony Stark è ricercato (dai "bravi");
- Thor è stato spodestato dal trono di Asgard, ha perso il potere di Odino ed è allo sbando mentre Loki, di fatto, regna su Asgard manipolando Balder e i Mighty Avengers (la formazione più bislacca che io abbia mai visto), attraverso una finta Scarlet;
E in tutto questa confusione cosa succede a Matt Murdock? Matt Murdock sembra non riuscire a combinarne una giusta dai tempi in cui si espose, rivelando la propria identità a Hell's Kitchen e divenendo il nuovo Kingpin. Ogni mossa apparentemente buona del diavolo rosso si è rivelata sempre un piede in fallo.
All'epoca però la situazione era differente, alle redini della serie sedeva ancora Brian Bendis e l'Universo Marvel non era ancora così complicato come sembra ora, anche perchè, scaramucce o meno, i buoni erano ancora i buoni, così come i cattivi erano ancora i cattivi.
Se l'autonominarsi di Matt Murdock a nuovo Kingpin poteva sembrare una mossa dubbia, le ultime cartucce di Ed Brubaker rovesciano totalmente ogni prospettiva, allineandosi con la logica del confondimento che al momento (divide e) impera alla Marvel, e lo fa anche a livello narrativo.
Fin dall'inizio, infatti, The Return of the King sembra una storia su Kingpin. Ci mostra come ha trascorso gli anni di "esilio" in Spagna, il motivo del suo ritorno e le trame da lui inscenate per ritornare al vertice.
E poi tutto scoppia come una bolla di sapone con troppa aria dentro, nel momento esatto in cui Matt Murdock avanza la propria candidatura a Re (curiosa carica) della Mano, organizzazione criminale di matrice nipponica installatasi un po' in ogni angolo del mondo. Candidatura che, oltretutto, viene accettata - così come le condizioni poste da Matt - nelle ultime battute di una saga che lascia una pesante eredità al nuovo insediato sul trono, Andy Diggle.
In un mondo il cui il più grande cattivo diventa il capo dei "bravi", l'emblema massimo del conflitto interiore supereroistico (l'avvocato/vigilante) arriva a ricoprire la più alta carica di una delle più potenti organizzazioni criminali.
Se, dunque, il male diventa bene è giusto ricoprire il trono lasciato vacante per poterlo combattere? è necessario che la distinzione bene/male rimanga netta in modo che gli schieramenti - seppur con segno cambiato - rimangano gli stessi e non sembra che il cane si stia mordendo la coda da solo?
E quale sarà la percezione di questo cambio di segno? Quale la sua intenzione più profonda?
Se il diavolo rosso fosse preso come emblema degli USA (ipoteticamente), ci rimanderebbe a un'America che - per farla il più semplice possibile - da buona diventa cattiva. Utilizzandolo invece come avatar della situazione internazionale suona un po' come il detto "a mali estremi, estremi rimedi", o "il fine giustifica i mezzi", quasi a voler legittimare una scelta.
Comunque lo si guardi, tuttavia, qualunque sia il valore che gli si vuole dare, il senso profondo è quello del ribaltamento delle prospettive.
Un caso più recente (poco più di una settimana fa) e ugualmente interpretabile è accaduto in casa DC, quando la chiusura del settimo numero di Blackest Night ha insignito Sinestro della carica di Lanterna Bianca, a incarnare - in contrapposizione a Nekron e alle lanterne nere - il sommo bene. Temporaneo o duraturo, apparente o concreto, è solo un altro caso in cui si assiste a un'inversione di status. Certo, è accaduto anni addietro, ma principalmente con personaggi secondari (se eccettuiamo, per prenderne uno e uno, i momenti legalisti di Magneto e la lunga parentesi di Hal Jordan nei panni di Parallax).
Ma il senso profondo di questo? Perdita dichiarata di un sistema riferimento, probabilmente, causata dalle fratture tra popolo e istituzione, dalle problematiche legate alle guerre o, ancora, dalla crisi definitiva del sogno americano. Forse. E allora, di conseguenza, si potrebbe riscontare una mancanza di fiducia complessiva nata dal dubbio. Come già in Civil War e Secret Invasion il dubbio rimane: se non riesco a capire chi è buono e chi è cattivo di chi mi posso fidare?
Sceneggiatura di Ed Brubaker, disegni di Michael Lark, Stefano Gaudiano, Klaus Janson, Chris Samnee & Paul Azaceta.
Cosa è cosa?
Chi è chi?
Chi è cosa?
I due fili su cui è possibile inquadrare la produzione (super)eroistica, a mio parere, sono quello cosiddetto della crisi e quello dell'identità.
Il primo, come più volte ribaduto, ha a che fare con l'equilibrio locale (mi piace prendere come punto di partenza il Dick Tracy di Chester Gould) e via via con quello internazionale (da quando il vigilante diventa super- in poi).
Il secondo è quello dell'identità: se considerata a grandi blocchi la produzione (super)eroistica ci riporta - spesso guardandola in parallelo con la situazione internazionale - la concezione dell'identità di un popolo, di un paese o di una cultura (e questa, di fatto, è una lettura che attraversa, in un modo o nell'altro, volenti o nolenti, la totalità della produzione fumettistica).
Daredevil.
Al momento è per me uno degli emblemi del cambiamento, non so quanto forte, non so se più o meno forte di altri ma uno di quelli, senza ombra di dubbio.
Inquadriamolo in un universo editoriale in cui:
- i cattivi sono diventati i buoni e i buoni sono, nel migliore dei casi, disprezzati;
- Norman Osborn (Goblin) è il capo dei "nuovi buoni", che, se vogliamo scherzare con le parole, possiamo chiamare "i bravi" (Venom/Scorpione è Spider-Man, Daken è Wolverine, Moonstone è Miss Marvel, Bullseye è Hawkeye, e lo stesso Osborn, con il nome di Iron Patriot, è un misto tra Cap e Iron Man);
- Spider-Man è stato resettato da One More Day e Brand New Day;
- Cap è morto ed è stato sostituito da Bucky;
- i mutanti come al solito sono per i fatti loro e sono comunque pochi, sempre meno;
- c'è un Hulk rosso cattivo;
- Strange non vale più nulla e Hood, stregone pazzo e a capo del più grosso cartello del crimine, sta cercando di diventare il nuovo stregone supremo;
- Tony Stark è ricercato (dai "bravi");
- Thor è stato spodestato dal trono di Asgard, ha perso il potere di Odino ed è allo sbando mentre Loki, di fatto, regna su Asgard manipolando Balder e i Mighty Avengers (la formazione più bislacca che io abbia mai visto), attraverso una finta Scarlet;
E in tutto questa confusione cosa succede a Matt Murdock? Matt Murdock sembra non riuscire a combinarne una giusta dai tempi in cui si espose, rivelando la propria identità a Hell's Kitchen e divenendo il nuovo Kingpin. Ogni mossa apparentemente buona del diavolo rosso si è rivelata sempre un piede in fallo.
All'epoca però la situazione era differente, alle redini della serie sedeva ancora Brian Bendis e l'Universo Marvel non era ancora così complicato come sembra ora, anche perchè, scaramucce o meno, i buoni erano ancora i buoni, così come i cattivi erano ancora i cattivi.
Se l'autonominarsi di Matt Murdock a nuovo Kingpin poteva sembrare una mossa dubbia, le ultime cartucce di Ed Brubaker rovesciano totalmente ogni prospettiva, allineandosi con la logica del confondimento che al momento (divide e) impera alla Marvel, e lo fa anche a livello narrativo.
Fin dall'inizio, infatti, The Return of the King sembra una storia su Kingpin. Ci mostra come ha trascorso gli anni di "esilio" in Spagna, il motivo del suo ritorno e le trame da lui inscenate per ritornare al vertice.
E poi tutto scoppia come una bolla di sapone con troppa aria dentro, nel momento esatto in cui Matt Murdock avanza la propria candidatura a Re (curiosa carica) della Mano, organizzazione criminale di matrice nipponica installatasi un po' in ogni angolo del mondo. Candidatura che, oltretutto, viene accettata - così come le condizioni poste da Matt - nelle ultime battute di una saga che lascia una pesante eredità al nuovo insediato sul trono, Andy Diggle.
In un mondo il cui il più grande cattivo diventa il capo dei "bravi", l'emblema massimo del conflitto interiore supereroistico (l'avvocato/vigilante) arriva a ricoprire la più alta carica di una delle più potenti organizzazioni criminali.
Se, dunque, il male diventa bene è giusto ricoprire il trono lasciato vacante per poterlo combattere? è necessario che la distinzione bene/male rimanga netta in modo che gli schieramenti - seppur con segno cambiato - rimangano gli stessi e non sembra che il cane si stia mordendo la coda da solo?
E quale sarà la percezione di questo cambio di segno? Quale la sua intenzione più profonda?
Se il diavolo rosso fosse preso come emblema degli USA (ipoteticamente), ci rimanderebbe a un'America che - per farla il più semplice possibile - da buona diventa cattiva. Utilizzandolo invece come avatar della situazione internazionale suona un po' come il detto "a mali estremi, estremi rimedi", o "il fine giustifica i mezzi", quasi a voler legittimare una scelta.
Comunque lo si guardi, tuttavia, qualunque sia il valore che gli si vuole dare, il senso profondo è quello del ribaltamento delle prospettive.
Un caso più recente (poco più di una settimana fa) e ugualmente interpretabile è accaduto in casa DC, quando la chiusura del settimo numero di Blackest Night ha insignito Sinestro della carica di Lanterna Bianca, a incarnare - in contrapposizione a Nekron e alle lanterne nere - il sommo bene. Temporaneo o duraturo, apparente o concreto, è solo un altro caso in cui si assiste a un'inversione di status. Certo, è accaduto anni addietro, ma principalmente con personaggi secondari (se eccettuiamo, per prenderne uno e uno, i momenti legalisti di Magneto e la lunga parentesi di Hal Jordan nei panni di Parallax).
Ma il senso profondo di questo? Perdita dichiarata di un sistema riferimento, probabilmente, causata dalle fratture tra popolo e istituzione, dalle problematiche legate alle guerre o, ancora, dalla crisi definitiva del sogno americano. Forse. E allora, di conseguenza, si potrebbe riscontare una mancanza di fiducia complessiva nata dal dubbio. Come già in Civil War e Secret Invasion il dubbio rimane: se non riesco a capire chi è buono e chi è cattivo di chi mi posso fidare?
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