Il fumetto è un microcosmo che negli anni ha cercato di disabituarci alla fissità delle cose. Specie per certo fumetto mainstream non è mai detta l’ultima parola, specie quando la parola è “fine” o “morte”. Un caso a parte è, invece, quando “fine” e “morte” vengono a coincidere.
Un episodio celebre è questo:
“Sfortunatamente non sono più in grado di rispettare i ritmi richiesti da una striscia quotidiana. La mia famiglia non desidera che Peanuts venga continuata da qualcun altro, perciò annuncio il mio ritiro”
Questo appare sull’ultima striscia realizzata da Charles M. Schulz (per la cronaca, la M sta per Monroe), pubblicata postuma domenica 13 febbraio 2000 (Schulz era morto il giorno precedente).
Poi accade che esce questa cosa per BOOM!
Sulla copertina di questo speciale numero 0 si legge “NEW STORIES!”, che per chiunque non sappia veramente mezza parola d’inglese significa “nuove storie”. Ora… eeeeh?
“La mia famiglia non desidera che Peanuts venga continuata da qualcun altro”
Non mi ha convinto fin dall’inizio. L’operazione fa storcere il naso, però magari – ho pensato – si sforzano di fare un lavoro fatto bene. Come dire, un’aberrazione ben fatta.
Sicché aprendo l’albo, oltre a quattro pagine di “Classic Peanuts”, storie di Schulz ricolorate (in modo un po’ insipido) ci sono due storie nuove (Carnival of the animals di Ron Zorman e Lisa Moore, Woodstock's New Nest di Vicki Scott, Paige Braddock e Lisa Moore) e il preview di un nuovo graphic novel.
“La mia famiglia non desidera che Peanuts venga continuata da qualcun altro”
La cosa che mi disturba di più è il cambio di formato. Tradizionalista? Nostalgico? Boh… vedere i Peanuts muoversi su tavole formato comic book non fatte da strisce potrebbe esser per qualcuno un gesto di innovazione, ma sinceramente non ne vedevo il senso. Il tutto sembra fatto molto a casaccio, manca lo spessore grafico e culturale di Schulz (ovviamente) e il risultato sono due storie scritte male, che non fanno né ridere né pensare (ma i tempi comici dove li hanno imparati? Al bagaglino?), e disegnate peggio: la linea è sterile, svuotata della sua vibrante emotività originaria, e le grandi dimensioni di figure così tanto semplificate fanno sembrare il tutto molto stupido.
Questo per non parlare dello storytelling, totalmente inappropriato e talvolta anche decisamente errato; si vedano in proposito le ultime due tavole della seconda storia originale, in cui la scomposizione in dodici vignette quadrate è tanto infantile quanto inutile a livello di linguaggio.
“La mia famiglia non desidera che Peanuts venga continuata da qualcun altro”
Questo per non parlare dell’anteprima di Happiness is a warm blanket, Charlie Brown!, graphic novel in uscita ora. Non parliamone. Meglio archiviare tutto, come se fosse stato un brutto sogno.
“La mia famiglia non desidera che Peanuts venga continuata da qualcun altro”
Che brutto mondo.